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The Last of Us Parte II: Remastered • Recensione PS5

Un'opera piena di contraddizioni eppure estremamente godibile pad alla mano, sottoposta ad un lavoro di "restauro" che fatica a trovare una concreta ragion d'essere

Trama e narrativa - 6
Gameplay - 9
Comparto estetico - 9.5
Comparto tecnico - 9
Comparto audio - 10

8.7

The Last of Us Parte II: Remastered è semplicemente una mera operazione di marketing, il cui valore si trova più nel lavoro originale, che in quello effettuato con questa re-release.

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The Last of Us ha certamente cambiato il modo in cui Sony percepisce i suoi titoli principali, portandola ad abbracciare, in maniera ancora maggiore, il modello dei videogiochi story-driven.

Nonostante la casa nipponica abbia da lungo tempo dato spazio alla narrazione nei suoi prodotti, è stata proprio l’opera firmata Naughty Dog a fare in modo che si verificasse una vera e propria svolta nel modus operandi dei titoli first party.

Nel 2013 The Last of Us ha colpito con veemenza l’industria del videogioco, affermandosi come titolo di punta del marchio Playstation e dando così vita ad una reazione a catena che ha dapprima condotto ad un sequel, per poi, successivamente, giungere alla creazione di una serie tv dedicata.

Inutile dire come The Last of Us Parte II, rilasciato nel 2020, sia stato uno dei titoli più attesi della generazione, la cui responsabilità era pari solo alle aspettative, le quali solo in parte sono state rispettate.

Il peso dell’eredità

A pochi anni di distanza Sony ha deciso di restaurare entrambi i titoli, sia per accompagnare il lancio della famosa serie, sia per dare l’occasione ai neofiti di provare alcuni dei suoi titoli di punta, anche se l’operazione non ha sempre accompagnato il favore del pubblico.

The Last of Us Parte II: Remastered è infatti un lavoro che fatica a trovare una ragion d’essere al di fuori di sé, a causa non solo della giovane età del prodotto originale, ma anche in virtù di un precedente upgrade gratuito che aveva permesso al titolo di girare a 60 FPS sulla nuova ammiraglia Sony.

Indipendentemente da tutto ciò, è nostro dovere fare il punto della situazione, per riuscire a capire se il denaro richiesto per l’upgrade (che ricordiamo corrispondere a 10€ nel caso si fosse in possesso della versione PS4, sia in fisico che in digitale) trovi una concreta giustificazione.

Trama e narrativa

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Iniziamo con quella che, a tutti gli effetti, è la colonna portante della produzione: l’elemento narrativo. Per quanto The Last of Us Parte II sia, con ragionevole baldanza, un videogioco, è chiaro che Naughty Dog, fin dal primo capitolo, abbia dedicato gran parte delle sue energie alla creazione di una storia coinvolgente ed emozionante, in modo che questa diventasse l’elemento di spicco di tutto il progetto.

La narrazione di questo secondo capitolo (che qui assume il suo significato più letterale) riprende esattamente dove si era interrotto il suo predecessore, creando così una transizione immediata ed indolore.

Joel ed Ellie vivono dunque nella città di Jackosn in pace per diversi anni, fino a quando un tragico evento non sconvolge la vita della giovane, portandola così sulla strada della vendetta. Questo secondo capitolo si pone pertanto in maniera antitetica rispetto al suo predecessore, dimostrando come la vendetta possa consumare il cuore di chi ne è soggiogato, conducendolo su una strada dalla quale è poi difficile allontanarsi.

Grazie al tema trattato e all’estremo realismo che accompagna le vicende, la produzione Naughty Dog riesce a regalare momenti davvero emozionati che raramente si sono visti all’interno del panorama videoludico, tanto da suscitare nel giocatore sentimenti spesso contrastanti, che vengono portati al loro massimo potenziale grazie all’interazione propria del medium videoludico.

The Last of Us Parte II dunque trionfa, per poi cadere miserabilmente nel momento di massimo splendore, compromettendo la qualità dell’intero racconto in maniera irreparabile.

Oltre alla campagna di Ellie infatti viene successivamente narrata una seconda storia, con l’obiettivo di sviluppare un’antitesi tematica che ha il compito di impreziosire la lettura di alcuni personaggi e momenti chiave del plot; purtroppo niente di tutto ciò accade.

La seconda campagna non solo interrompe la narrativa nel suo momento cruciale (il climax del secondo atto), creando un cliffhanger che trova risoluzione dopo decine di ore di gioco (cosa già di per sé gravissima), ma per la maggior parte della sua durata racconta anche una storia a sé stante, che raramente trova punti di contatto con quella di Ellie, utilizzando anche forzature di plot che fanno leva sulla fortuna (intesa proprio come “Τύχη“, cioè casualità). Nonostante il tema alla base di questo secondo racconto (la redenzione) venga portato avanti, il tutto viene realizzato tramite una struttura narrativa che non riesce ad esaltare l’intento iniziale, dando l’impressione di giocare, letteralmente, un altro titolo.

Per quanto l’idea di partenza trovi una sua giustificazione teorica dunque, in quanto necessaria alla creazione di una conflittualità emotiva nel giocatore, l’esecuzione è a dir poco disastrosa, lasciando solo frustrazione e disagio. Sarebbe stato decisamente più saggio alternare le due campagne oppure svilupparle in successione, come accade in Resident Evil 2 o Kingdom Hearts Birth by Sleep.

Se a tutto ciò si aggiunge poi un cast decisamente debole, in cui molti personaggi sono, oltre che anonimi e privi di spessore, anche totalmente inutili allo sviluppo degli eventi ed infine alcune scelte che rasentano l’ingenuità (se non proprio l’idiozia) più becera, poiché conflittuali con il realismo e la serietà del racconto, è facile intuire come questo secondo capitolo sia non solo un passo indietro, ma una caduta di stile che provoca tanta rabbia quanto ilarità.

Il più grande peccato dell’opera è stato quello di esser tanto ossessionata con l’etica e la morale, da smarrire la logica interna che avrebbe dovuto governarla.

The Last of Us Parte II ha insomma scambiato la luce delle stelle con il loro riflesso sullo stagno.

Gameplay

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Se la narrativa del titolo si è rivelata un fallimento quasi totale, lo stesso non si può dire del gameplay, che invece dimostra un enorme progresso rispetto al suo predecessore, grazie soprattutto ad un rinnovamento delle mappe ed un’intelligenza artificiale che funziona egregiamente.

Le basi del titolo sono le medesime del suo prequel: un action-adventure in terza persona con elementi tipici dei giochi survival più o meno accentuati (anche a seconda della difficoltà impostata). Il gioco infatti alternerà sezioni più pacate, dedite alla raccolta di risorse e all’avanzamento della narrativa, a sezioni di combattimento con le diverse tipologie di nemici, principalmente rappresentate da infetti e fazioni umane (le quali adotteranno strategie offensive differenti).

Il giocatore potrà pertanto decidere se adottare un approccio violento e diretto (messo in risalto dall’accentuato gore del titolo), oppure prediligere una strategia più furtiva, impreziosita da nuovi nascondigli e possibilità di movimento.

Qualunque sia la tua scelta, avrai a disposizione diversi strumenti utili, i quali dovranno esser craftati grazie alle risorse raccolte in precedenza. Se gli infetti si riveleranno più o meno tenaci a seconda della tipologia, questi saranno certamente più prevedibili a differenza degli umani, che invece tenteranno in tutti i modi di stranarti e aggirarti coordinando i movimenti; nessun luogo è sicuro in The Last of Us.

Proprio quest’ultima tipologia di avversari permette al sistema di gioco di brillare, per via di un level design molto più sofisticato e che si sposa perfettamente con un’intelligenza artificiale imprevedibile, conducendo a risultati inaspettati e sorprendenti.

Un plauso va certamente anche alle opzioni di accessibilità disponibili, in grado di rendere il gioco fruibile a tutte le tipologie di pubblico. Si potrà infatti non solo personalizzare la difficoltà sotto numerosi aspetti (quantità di risorse, aggressività dei nemici, etc.), ma anche attivare diverse opzioni per migliorare la quality of life dell’esperienza.

Questa versione PS5 di The Last of Us Parte II aggiunge inoltre il pieno supporto al Dualsense, con i grilletti adattivi ed il feedback aptico che adesso possono esprimere tutto il loro potenziale, migliorando sensibilmente l’esperienza ludica generale.

Un’altra aggiunta di questa Remastered è poi rappresentata dai cosiddetti “livelli perduti” (ovvero porzioni di gioco tagliate e mai concluse) e dal documentario Grounded II che sarà disponibile a breve tramite aggiornamento gratuito.

Il vero fiore all’occhiello di questa nuova iterazione è però rappresentato dalla modalità roguelike, chiamata per l’occasione “Senza Ritorno”.

Senza Ritorno

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Questa nuova sezione di gioco (accessibile dal menu principale), prevede una serie di arene da affrontare prima di arrivare ad un boss estremamente pericoloso. Ogni arena sarà caratterizzata da una sfida differente, alla quale potranno aggiungersi dei “modificatori” che potranno avvantaggiare il giocatore o viceversa i suoi nemici.

Vi saranno inoltre delle sfide che, una volta portate a compimento, premieranno il giocatore con personaggi (i quali si differenziano per caratteristiche e svantaggi, aggiungendo così un ulteriore elemento strategico), arene e tanto altro.

Alla morte si dovrà ricominciare tutto da capo, ma la strada che conduce al boss non è particolarmente lunga, rendendo il game over meno frustrante.

Vi è infine la possibilità di creare partite personalizzate, donando così al giocatore l’occasione di sperimentare tutte le meccaniche ed aumentando sensibilmente le ore di contenuti.

Nonostante non se ne avvertisse la necessità, questa nuova modalità di gioco si è dimostrata più solida del previsto, in quanto riesce ad innalzare ulteriormente la qualità del sistema di combattimento, che qui può dimostrare tutte le sue possibilità.

È dunque ormai pleonastico evidenziare l’ottimo lavoro svolto da Naughty Dog per quanto riguarda l’aspetto ludico del titolo, ma sarebbe anche intellettualmente disonesto non affermare come The Last of Us Parte II, pad alla mano, sia una vera letizia.

Le nuove aggiunte della Remastered (modalità roguelike esclusa) non arricchiscono più di tanto l’opera, pertanto ci viene spontaneo domandarci se queste possano trovare un reale valore al di fuori di sé.

Comparto estetico

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Il lavoro svolto da Naughty Dog per la realizzazione delle ambientazioni è, per usare un eufemismo, sconcertante. Il mondo di The Last of Us Parte II infatti manifesta perfettamente lo stato in cui alberga l’umanità, senza risparmiarsi nulla.

Boschi, strade, quartieri e appartamenti in rovina ci narrano una storia silenziosa eppure cristallina, mostrando il lato peggiore dell’essere umano, pronto a tutto pur di sopravvivere, anche se ciò implica lasciare indietro la propria umanità. A fare da contrasto alle rovine vi è poi il lento ma costante avanzare della natura, creando così una magnifica antinomia tra vita e morte, tra uomo e creato.

Come nel capitolo precedente, anche stavolta l’alternanza delle varie ambientazioni e dell’elemento cromatico seguirà il ritmo ed il tono della narrazione, facendo così dei “livelli” un vero e proprio palcoscenico che si sposa con quanto avviene a schermo.

Come un pentagramma congiunge le note musicali, così l’ambientazione di The Last of Us Parte II riunisce, in un equilibrio perfetto, racconto e gameplay.

Comparto tecnico

The-Last-of-Us-Parte-II-Remastered-comparto-tecnico

La magnifica resa estetica viene poi esaltata da un comparto tecnico di prim’odine, anche se viene lecito domandarsi quanto il lavoro effettuato con la Remastered abbia contribuito al risultato finale. In verità la risposta è sorprendentemente semplice: molto poco.

Se The Last of Us Parte II è, a distanza di tempo, ancora un titolo all’avanguardia, ciò non è certamente da attribuire alla rimasterizzazione, quanto all’ottimo lavoro fatto in origine, che già nel 2020 aveva lasciato senza fiato.

Le uniche novità apportate in questa riedizione sono pertanto identificabili nelle due modalità grafiche: la prima dà priorità alla risoluzione, con frame rate bloccato a 30, mentre la seconda porta il frame rate a 60 (abbassando la risoluzione interna). Vi è inoltre da segnalare il supporto ai 120 Hz, con il quale sarà possibile giocare in modalità grafica con un frame rate intorno ai 40 FPS, mentre in modalità prestazioni quest’ultimo supererà i 60 (a patto di avere uno schermo che supporti tale tecnologia).

Per quanto l’opzione qualità garantisca una pulizia dell’immagine a dir poco perfetta, le differenze con l’edizione PS4 sono veramente esigue e se a tutto questo si aggiunge il fatto che i 60 FPS fossero già disponibili precedentemente tramite upgrade gratuito, è facile intuire come questa riedizione sia più un lavoro di circostanza che qualcosa di necessario.

Comparto audio

The-Last-of-Us-Parte-II-Remastered-comparto-audio

Gustavo Santaolalla firma nuovamente una colonna sonora magistrale, capace di toccare le più profonde corde dell’animo umano, glorificando con grazia ogni singolo momento del titolo, dal più tenue al più tragico.

Il lavoro del compositore non è il solo ad elevare la qualità della produzione, che può contare su un impianto sonoro eccellente anche per quanto riguarda doppiaggio e soprattutto effettistica. La cura riposta nell’audio permette infatti di individuare i nemici anche solo ponendo attenzione ai suoni emessi da questi ultimi, rendendo i vari incontri ancora più appaganti.

La medesima diligenza la si può riscontrare anche nella realizzazione dei suoni ambientali (sarà possibile, ad esempio, aprire le casseforti solo ascoltando il suono emesso dal meccanismo interno) e soprattutto in quelli emessi dagli infetti, terrificanti e disturbanti al punto giusto.

The Last of Us Parte II: Remastered • Verdetto

The-Last-of-Us-Parte-II-verdetto

The Last of Us Parte II: Remastered è un’opera di difficile collocazione, per via della tremenda incoerenza interna che la permea. Ad un impianto ludico eccellente infatti si contrappone una storia dal potenziale inespresso, mal scritta e strutturata peggio. Un impianto estetico accattivante deve invece fare i conti con un lavoro di restauro superfluo e non richiesto, nonostante l’innegabile qualità tecnica.

Le novità apportate in questa riedizione non sono certo terribili, anche se non vanno ad alterare più di tanto l’offerta generale, rivelandosi pertanto un mero “premio di consolazione”. Per tutti i possessori dell’edizione PS4 questa potrebbe essere un’occasione per rivivere il viaggio di Ellie (dato l’esiguo prezzo che richiede l’upgrade).

Per tutti coloro invece che non hanno mai provato il titolo è difficile consigliarne l’acquisto a prezzo pieno, dal momento che le novità non giustificano la scelta di questa versione a sfavore dell’originale.

L’attesa per la terza parte è iniziata. Speriamo solo che il creatore non diventi vittima della sua creatura.

Giuseppe Saija

Dopo aver conseguito la Laurea in Scienze Filosofiche, ho deciso di mettere la mia conoscenza al servizio della mia passione più grande: il videogioco. Questo infatti si è dimostrato un fenomeno estetico complesso ed affascinante, una dimostrazione empirica di come l'aisthesis sia la chiave di studio che meglio può documentare il valore di questa nuova forma d'arte.

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